HomeAttualitàMedico specializzando in psichiatria: poi lavoro in Valtellina o all'Estero?

Medico specializzando in psichiatria: poi lavoro in Valtellina o all’Estero?

Un dilemma che - forse - non si pone.

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Un dilemma che - forse - non si pone.

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Stamattina mi sono alzato un po’ sfiduciato verso il futuro. A dire il vero lo ero già ieri, mentre partecipavo al 24esimo congresso di psichiatria di Bormio, tenutosi all’Hotel Palace tra il 13 e il 16 aprile us. Il congresso era ottimo, il migliore a cui abbia partecipato sino ad oggi e sicuramente ci tornerò.

Ho potuto conoscere e parlare con alcuni direttori delle locali ASST e ATS, nonché direttori di dipartimento di psichiatria. E ti dirò, come specializzando al secondo anno di psichiatria che a novembre, grazie al decreto Calabria, potrebbe già esser assunto, per esempio per lavorare in CPS, mi sembrava di esser una mucca in vendita in un mercato indiano.

Ma questo sicuramente vale anche per altre specialità. Siamo una merce richiesta, nulla di nuovo.

La cosa è anche gratificante, ma mi ha obbligato a riflettere sempre di più su quello che potrebbe esser il mio futuro. Forse riflettere troppo, in maniera ossessiva, forse il giusto peso che si dovrebbe dare a decisioni così importanti.

Dove sarò in futuro?

A lavorare, ma anche a vivere? I due luoghi coincidono? Le idee ormai si affastellano nella mente e spesso semplicemente smetto di pensarci, rimandando il problema al me del futuro.

Perché è così importante, per me, scegliere il giusto territorio in cui lavorare? Perché vorrei, se posso e riesco, ambire a formarmi in un posto competitivo, in cui ci sono persone di rilievo a livello nazionale per esempio o in cui ci sono tanti casi, oppure – semplicemente – in cui ci sono colleghi giovani e dinamici.

Facendo valere la mia parte narcisistica, sognerei un ambiente che abbia tutto questo e che io possa anche sentire come casa, come la Valtellina. Forse un giorno la Valtellina diventerà una nuova Silicon Valley, ma quel giorno – per ora – lo vedo ancora lontano. O comunque, non strettamente correlato alla Psichiatria.

Forse ho paura del futuro che potrebbe aspettarmi come psichiatra in Valtellina.

Il contesto

A Monza, solo al polo del San Gerardo, siamo in 15 specializzandi del mio solo anno, il secondo. In totale più di 30 spalmati sui servizi.

A Varese sono in 3. Sono numeri che impressionano. A Lecco e a Bergamo, normalmente, ci lavorano un paio di specializzandi di psichiatria. Il carico di lavoro percepito è ben diverso, come potrai capire.

A Sondrio, pur essendo pare della rete formativa di Monza Bicocca, non ci sono specializzandi di psichiatria. Non so se mai ve ne siano stati. Allo stato attuale, però, Sondrio è tra i pochissimi territori (forse insieme a Monza) che non necessita di psichiatri. Un dato sicuramente anomalo a livello nazionale, credo.

Assumerebbero un valtellinese speranzoso di rimanere in Valtellina? Molto probabilmente sì. Ma allora cosa mi ferma? Di cosa ho paura? Quali sono le alternative?

Forse è proprio questa, l’ultima domanda, che mi ha fatto e mi fa titubare.

A Bolzano, almeno a livello “pubblicitario per uno specializzando“, tira un’altra aria. Benefit a non finire, stipendi doppi, ricerca a palate, collaborazioni a livello internazionale. Una formazione d’eccellenza che integra – giusto a titolo di esempio – la formazione e la pratica in scuola psicoterapica che io mi sto pagando a parte e che dovrò integrare “a mio modo” nella pratica clinica. E poi: meno tasse.

Ok, è a statuto speciale. Poi serve il B2 in tedesco. Ma sono sforzi che – seppur mi spaventino – so che mi migliorerebbero come persona e quindi anche come medico. Almeno, questa è forse la mia pretesa.

E non vogliamo parlare della Svizzera? Stipendi praticamente quadruplicati, e non serve manco la doppia lingua in alcune zone. Si parla italiano.

Ma i soldi sono davvero così importanti? Risposta sintetica: no, affatto. Ho già rimuginato troppo su questo, eppure inquinano la mia scelta.

O meglio: non sono l’elemento principale.

E quindi? Cosa voglio dire?

Non mi sono mai reputato il tipo di ragazzo insicuro sul proprio futuro. Mi vedevo in Valtellina sin dai primi anni di università. Non mi è mai fregato dei soldi, ho sempre creduto che lo stipendio da specializzando fosse spaziale (1650 euro netti i primi due anni, qualcosina in più i successivi) e che 3000 euro al mese fossero cifre esagerate che la propria mamma può dire per cercare di fare leva e invogliare allo studio.

Poi ho conosciuto Monza, una realtà che, con tutti i difetti di questo mondo, rimane comunque un centro nevralgico del nord Italia, in cui poter veramente provare ogni tipo di servizio. E questo lo apprezzo tanto più sento di altri colleghi in altre specialità, che magari per 3 anni hanno potuto sperimentarsi in solo due servizi. Mentre a Monza c’é lo scibile, forse tutto, forse troppo.

Poi ho conosciuto indirettamente e sicuramente in modo più superficiale, i paesi esteri e il loro vantaggio in termini di competitività. Di appetibilità. Di tutto. Piccoli e anche grandi vantaggi che, a scapito di qualche svantaggio, al netto, sembrano esser davvero il prodotto migliore che “lasci sul tavolo” per “l’orgoglio di rimanere in Italia”. Perché forse alla fine è solo questo che mi trattiene qui. Che mi fa pensare e sempre lo ha fatto di “tornare in Valtellina”.

E la Svizzera, la Francia, la Germania, l’Olanda, la Svezia, la Norvegia, il Regno Unito, l’Austria.

A volte la mia mente si posa su questi paesi e allora cerco qualche cosa che forse non potrei trovare, cioè tastare con mano la qualità di lavoro, di vita, di tutto. Verificare se effettivamente ne varrebbe la pena. Che cosa lascio indietro e che cosa guadagno. Oggi ho pure chiesto a ChatGPT che ne pensasse.

Ho sentito tanti pareri, forse troppi, me ne rendo conto. Alcuni di questi:

Qui non siamo ad Harvard, me ne rendo conto.

Non ho mai sentito nessuno che lavora in svizzera e poi torna. Rimangono tutti la.

Si, potevo andare. mi avrebbero pagato 13500 franchi al mese, ma gli svizzeri pretendono e a me quelli che pretendono di comandarti e a me quelli li non piacciono. Poi credo che lo stato, la mia famiglia abbia investito in me qualche cosa e che io debba quindi qualche cosa a loro.

[rivolto ad un mio stimatissimo collega] Eh, alla fine da qui se ne vanno tutti i migliori, prima lei in francia, poi tu in svizzera…

Tirerò una moneta, sperando esca la testa giusta

Un caro amico mi ha detto anche che conta più il tutor con cui ti trovi che l’ambiente in sé. Se questa persona è competente e disponibile, ti da feedback e tempo, tu cresci. Se non c’è, puoi stare anche al posto migliore al mondo su carta, che non impari e non cresci.

E quindi è tutto così aleatorio che forse è impossibile dirmi “Ranieri, guarda, vai a Lecco perché ti troverai con colleghi bomba in un ambiente fotonico“.

Insomma.

Forse puoi aiutarmi anche tu.

Convincimi che la Valtellina è il posto giusto, che si può cambiare e migliorare e crescere.

Dammi una mano, che te la do anche io.

Ranieri
Ranierihttps://www.ranierisdesk.com/
Mi chiamo Ranieri Domenico Cornaggia, sono laureato in medicina e mi piace la tecnologia, il fitness e gli scacchi. Amo gli animali e le sfide!

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